Si svolgerà a Brescia dal 12 al 15 ottobre il primo Festival nazionale della Missione intitolato “Mission is possible”, organizzato dalla Conferenza degli istituti missionari italiani (Cimi), la Cei attraverso la Fondazione Missio; la diocesi di Brescia. Quattro giorni di eventi con conferenze, incontri, concerti, mostre, spettacoli di strada, momenti di riflessione in un clima di festa. Secondo suor Marta Pettenazzo, presidente della Cimi, il Festival può essere “uno strumento privilegiato per condividere il dono del Vangelo, che non può essere proclamato solo all’interno delle nostre chiese e comunità”. Sulla stessa linea don Michele Autuoro, direttore di Missio, che richiama il concetto di “Chiesa in uscita” caro a Papa Francesco: “Andiamo in città e nelle piazze perché la Chiesa non dimentichi che è nata in uscita”. E mons. Luciano Monari, vescovo di Brescia, ricorda che “la passione per l’annuncio del Regno di Dio ha animato la vita del beato Paolo VI, di san Daniele Comboni, della beata Irene Stefani e di tanti figli e figlie di questa terra”. “Il Festival – aggiunge il direttore artistico, il giornalista e scrittore Gerolamo Fazzini – vuole essere anche l’occasione per mettere in circolazione quanto è già stato realizzato in questi anni nel mondo missionario italiano, un mondo che vive indubbiamente una fase di difficoltà e di cambiamento ma che è ancora capace di esprimere numerose eccellenze in ambito culturale, nelle attività di animazione, nell’editoria, nel rapporto con i giovani”. Uno dei tratti distintivi del Festival sarà l’ospitalità diffusa in case religiose, oratori e famiglie secondo uno stile improntato all’essenzialità. Tra gli ospiti già confermati, i cardinali Tagle, Simoni e Filoni, padre Federico Lombardi, Alejandro Solalinde, Rosemary Nyirumbe, Blessing Okoedion, Gael Giraud. Il programma e altre info su www.festivaldellamissione.it
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L’ospitalità monastica e religiosa
– Sorprende e, quasi commuove, quando si visita e sosta nei monasteri, l’ospitalità.
Nella seconda metà del IV secolo, il monaco Giovanni Cassiano, grande viaggiatore, fu uno dei primi a prendere contatto con i monaci del deserto in Egitto e a trasportare questa antica tradizione nella Gallia meridionale. Scriveva: «Siamo andati a visitare un vecchio che ci fece mangiare. Benché fossimo sazi, ci invitava a prendere ancora qualche cosa. Gli risposi che non volevo più niente. Allora mi disse: “Ho apparecchiato sei volte la tavola oggi per ricevere fratelli di passaggio. Ho mangiato io pure sei volte per incoraggiarli e ho ancora fame. E tu che hai mangiato solo una volta, sei talmente sazio che non puoi prendere più niente?”».
Questo aneddoto umoristico ci dice molto del comportamento dei primi monaci. Quella sorella o quel fratello incaricato oggi dell’accoglienza delle nostre abbazie avrebbe una carità così grande – e lo stomaco così solido – da osare la concorrenza con il vecchio citato da Cassiano? La generosità nell’accoglienza non fu soltanto un privilegio delle origini. Viene riportato che nel VI secolo, nei pressi di Betlemme, san Teodoro, il cenobiarca, costruttore di un grande monastero, aveva edificato tre ospizi e una locanda dove fino a «cento volte al giorno si apparecchiava la tavola».
Ci si può interrogare. Perché dei monaci, la più parte del tempo gelosamente caro alla loro solitudine e alla loro austerità, sono stati così sensibili all’accoglienza e così fedeli nel metterla in pratica? La risposta più breve e più illuminante la trovo in un altro apoftegma ,che mette in scena una grande figura del monachesimo egiziano: «Un fratello va a vedere l’abate Poemen durante la Quaresima. Dopo averlo consultato su questi pensieri, disse subito al vecchio: “Esitavo a venire in questo momento. Mi dicevo che durante la Quaresima tu vivevi forse come recluso”. Il vecchio gli rispose: “Non mi è mai stato insegnato a tenere chiusa una porta di legno, ma piuttosto la porta della mia lingua”» (L’Evangile du desert, 120).
Benché la vita monastica sia anteriore al cristianesimo di parecchi secoli, in particolare nell’induismo e nel buddhismo, il monaco cristiano ha come riferimento assoluto la parola di Dio. Volendo essere fedele a Gesù Cristo, suo Signore, il monaco sa che l’ascesi e le regole più fondamentali devono essere sottomesse alla regola suprema della carità, di cui l’accoglienza dell’altro – fratello, straniero, malato – è una delle prove più irrefutabili: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato (…). Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io dico: non perderà la sua ricompensa» (Mt 10,40).
Di certo, resta sempre in primo piano nella coscienza del monaco la descrizione profetica del giudizio finale: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto» (Mt 25,35).
Per il fatto che frequenta assiduamente le sante Scritture, il monaco sa – anche nella solitudine più estrema – che non si può separare l’amore di Dio dall’amore dell’uomo, l’ accoglienza di Dio dall’accoglienza dell’uomo. Insegnamento meravigliosamente espresso dall’abate Apollon, un vecchio del deserto egiziano, il quale diceva che bisogna inchinarsi davanti ai fratelli che arrivano, perché non è davanti a loro ma davanti a Dio che noi dobbiamo inginocchiarci: «Quando tu vedi tuo fratello, tu vedi il Signore tuo Dio. Lo abbiamo imparato da Abramo. E quando voi accogliete i fratelli, invitateli a prendere riposo. È quanto impariamo da Lot, che invita degli angeli».
Interessante notare che a fondamento di questa ospitalità che si deve a ogni uomo, come a Dio stesso, la sentenza fa riferimento non al Vangelo, ma all’Antico Testamento con due episodi celebri di ospitalità: l’episodio delle Querce di Mamre (Gen 18), dove Abramo, vedendo davanti a lui tre misteriosi personaggi, si prostra, lava i loro piedi e li ristora con quanto di migliore ha; e l’episodio di Sodoma (Gen 19), dove Lot, aprendo la porta della sua casa a stranieri, lo strappa dalla furia della folla. Nei due casi il racconto biblico ci rivela l’identità di coloro che erano stati in tal modo accolti: Dio stesso a Mamre; i due messaggeri (angeli) di Dio a Sodoma.
Ma è un passaggio del Nuovo Testamento che ci offre, in conclusione, la morale della storia: «Non dimenticate l’ospitalità perché è grazie ad essa che certuni senza saperlo hanno accolto degli angeli (Eb 13,1).
– Che cosa dice al riguardo la Regola di san Benedetto?
San Benedetto concorda pienamente con la tradizione anteriore e resta fedele allo stesso spirito. Ma la suaRegola, come in molti altri ambiti, manifesta chiaramente accenti che sono propri e testimoniano il suo senso profondamente evangelico.
È al capitolo 53 della sua Regola sull’accoglienza degli ospiti, come al capitolo 66 sui portinai del monastero, che egli ci dà il suo insegnamento sull’accoglienza. Per noi cistercensi, che fin dalle origini lo abbiamo come riferimento esplicito – è il testo della Regola di Benedetto che fonda e ispira la nostra pratica dell’ospitalità. Mi parrebbe importante sottolineare alcune note essenziali date da questa Regola; note che, per il loro valore permanente e universale, restano per noi sempre attuali.
– Può indicarcele?
La prima è questa: il monastero, casa di Dio per gli uomini. «Gli ospiti non mancano mai nel monastero e sopraggiungono a ogni ora» (Regola 53). Questa affermazione, che si crederebbe scritta oggi, ha quindici secoli. Esprime, infatti, una delle realtà più profonde del ruolo del monastero, qualunque sia l’epoca.
Attenendoci alla definizione di un dizionario, il monastero è il luogo di abitazione di un gruppo di monaci o di monache. Ma tale definizione è riduttiva, perché tiene conto solo della destinazione sociale degli edifici. San Benedetto considera invece il monastero da un altro punto di vista, secondo una visione di fede che modifica considerevolmente la prospettiva. Per lui il monastero è «casa di Dio», e quindi luogo di ospitalità per chiunque vi si presenti, soprattutto il povero e lo straniero.
– Che cosa fonda questa visione in san Benedetto?
La Regola ci dà la risposta: «L’abate e la comunità intera laveranno i piedi di tutti gli ospiti e dopo il saluto si dirà il versetto: “Dio, abbiamo ricevuto il tuo amore in mezzo al tuo tempio”» (Regola 53,13). Ciò significa che ogni comunità monastica non è «per se stessa» nel monastero, ma per Dio. Il monastero è la casa di Dio. La comunità che vi abita non può farne una sua proprietà privata. La comunità vive nel monastero per assicurare la gestione in nome di Dio e offrire a chiunque passi ciò che essa stessa ha ricevuto: non per sé solo, ma per gli altri.
Il monastero è chiamato dunque a essere prefigurazione del mondo nuovo che il Cristo è venuto a instaurare. La missione di ogni comunità monastica è quella di offrire uno spazio di comunione, un luogo di riconciliazione; di rendere già visibile il regno di Dio, in cui non ci saranno lotte fratricide né esclusioni. Il monaco, poiché non accoglie a suo nome, ma in nome di Dio, dovrebbe – con i suoi atteggiamenti, le sue parole, il suo sguardo – far percepire la presenza del Cristo.
San Benedetto apre il capitolo 53 della Regola con un’ingiunzione molto forte: «Tutti gli ospiti che arrivano al monastero saranno ricevuti come il Cristo, perché dirà un giorno: “Sono stato vostro ospite e voi mi avete accolto”». Troviamo qui un riferimento esplicito alla scena del giudizio finale tratteggiata in Matteo, al capitolo 25. Un riferimento che è molto caro a tutta la tradizione anteriore.
Questo percorso di fede, che permette di identificare l’ospite con Cristo, è molto profondo in san Benedetto e si trova a essere del tutto in accordo con la sentenza dell’abate Apollon, perché Benedetto giunge a dire: «Si testimonierà a tutti gli ospiti un grandissimo rispetto. Con l’inchino della testa o anche con una prostrazione di tutto il corpo si adorerà in loro il Cristo che si riceve» (Regola 53).
– Quanto detto è vissuto oggi nei vostri monasteri? Come va intesa l’ospitalità ai nostri tempi?
Oggi, l’afflusso dei visitatori e degli ospiti è forte in tutti i monasteri. Un tempo terra di asilo per le persone erranti, o sosta per ritemprare il pellegrino, il monastero è divenuto ai nostri giorni luogo di ritorno alla fonte per chi cerca Dio o per colui che aspira a un riposo del cuore. Il tipo di domanda cambia, la vocazione all’accoglienza dei monaci rimane e si sviluppa.
In un mondo in costante cambiamento, alle prese con tensioni e ritmi estenuanti, oggi più che mai il monastero deve esercitare la sua vocazione di essere un luogo di pace e riconciliazione. Ogni persona, qualunque siano le sue origini, le sue convinzioni filosofiche, religiose o politiche, deve sentirsi accolta in tutta libertà e discrezione. Per questo, cristiani di confessioni diverse, ma anche persone di altre religioni, possono incontrarsi e confrontarsi nel rispetto delle loro differenze.
La testimonianza di una comunità permanente di accoglienza e di preghiera può essere uno stimolo prezioso per le persone che condividono il meglio di ciò che la stessa comunità può offrire con il suo silenzio, la sua liturgia, la sua pace. Ma la comunità che accoglie riceve anch’essa dall’ospitalità più di quello che offre. A contatto con le persone che accoglie, e che spesso si attendono molto da essa sul piano spirituale, la comunità monastica prende coscienza delle esigenze del suo compito e delle sue responsabilità nella vita della Chiesa.
settimananews.it
Dalle Diocesi: è tempo di ferie e di vacanze
(ACI Stampa).-
E’ trascorso quasi un mese dal Solstizio d’estate e in questi giorni, sulle nostre coste, in montagna e nei piccoli centri iniziano ad arrivare turisti da ogni parte d’Italia e… non solo.
E’ tempo di vacanze!
“A quanti arrivano per un periodo più o meno lungo di permanenza, il benvenuto della Comunità ecclesiale e mio personale!”, scrive il vescovo diCassano allo Ionio, in Calabria, mons. Francesco Savino augurando “una bella esperienza che ristori non soltanto le forze fisiche ma anche le forze spirituali. Che sia un tempo opportuno per respirare a pieni polmoni l’aria salubre di una natura che, anche se mostra segni di interventi umani devastanti, conserva oasi incontaminate. L’arte sacra riserva bellezze in cui si può leggere la lunga storia cristiana”. Il presule poi si rivolge ai tanti calabresi che per varie ragioni vivono fuori regione e che, in questi giorni, ritornano nei luoghi di origine: che sia un tempo “per ritrovare la famiglia e gli amici con cui rinsaldare rapporti incrinati dalla lontananza. Cercate particolarmente gli anziani e ritrovate nei loro lenti e stanchi racconti, spesso ripetitivi, la memoria di un passato cui si può e si deve attingere la Speranza di un cambiamento possibile!”. E agli operatori turistici gli auguri di buon lavoro e l’invito a vivere questo tempo “con dedizione, impegno e disponibilità massima perché la Calabria mostri il volto dell’ ospitalità genuina”.
Ai turisti si rivolge anche il vescovo di Cesena-Sarsina, mons. Douglas Regattieri, sottolineando che “l’ambiente che vi ospita per qualche giorno è bello e accogliente. Mentre vi ringraziamo d’averlo scelto per trascorrervi un po’ del vostro tempo, vi invitiamo a conservarlo e a mantenerlo bello e pulito”. “La Comunità cristiana – scrive nel messaggio - è lieta di accogliervi. Attraverso il ministero dei presbiteri, dei diaconi e dei religiosi, nelle nostre parrocchie, nelle chiese e nelle istituzioni religiose disseminate sul territorio, troverete disponibilità per la celebrazione dell’Eucaristia e del sacramento della Riconciliazione, per un colloquio e un confronto spirituale”.
Sono giorni difficili questi per tanti territori colpiti da roghi in ogni parte d’Italia. Centinaia e centinaia gli interventi richiesti ai Vigili del Fuoco e alle Forse dell’Ordine e molte anche le abitazioni a rischio oltre che i danni causati da questi incendi. Il vescovo di Nola, mons. Francesco Marino, esprime “preoccupazione e amarezza” incoraggiando i cittadini, i sindaci, le forze dell’ordine e gli uomini impegnati “eroicamente a domare le fiamme”, invitando tutti “a non indietreggiare davanti alla prepotenza di gesti che mirano a distruggere la nostra terra”. “Non abbattetevi, non scoraggiatevi insieme possiamo restituire a questi luoghi la dignità che meritano, possiamo riuscire a garantirci il diritto alla salute e al godimento delle bellezze del territorio che abitiamo. Sono certo – scrive il presule - che il Governo nazionale non ci lascerà soli per arginare le
fiamme e per arginare chi, con atti criminali, vuole farci vivere nella paura e nello smarrimento”. Denunciare atti vandalici contro l’ambiente è un “dovere morale, oltre che civico, perché si tratta di
salvaguardare il bene comune”, è il monito dell’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, mons. Giuseppe Fiorini Morosini: “la nostra terra è bella: i monti, i mari, le spiagge e i luoghi turistici, che tanti ci invidiano. Ogni estate, però, porta con sé il solito scempio e degrado: l’inquinamento ambientale e gli incendi. È triste vedere lungo le strade tra il verde intenso degli alberi, chiazze multicolori di spazzatura. È drammatico che ogni anno brucino ettari ed ettari di bosco. È indecoroso – scrive mons. Morosini - che, dopo aver trovato riposo tra i monti e sulle spiagge, lasciamo sporco, incuranti che anche altri debbano gioire - come noi - degli stessi luoghi”.
E in vista del tempo di discernimento pastorale che si aprirà a settembre, lapastorale giovanile della Cei propone un sussidio per camminare insieme verso il Sinodo dei vescovi sui giovani dell’ottobre 2018. Si tratta del quaderno “Considerate questo tempo. Discernere la Pastorale Giovanile tra fede e vocazione” che offre dieci schede per un percorso di discernimento che vuole arrivare in profondità. Tale strumento è stato presentato negli incontri di primavera durante gli appuntamenti interregionali degli uffici di pastorale giovanile. Si rivolge alle consulte diocesane, ai consigli pastorali diocesani e parrocchiali, alle équipe di educatori, ai formatori di congregazioni religiose, associazioni, movimenti e altre realtà ecclesiali che hanno uno sguardo e una responsabilità particolare sulle effettive pratiche di pastorale giovanile vocazionale in Italia oggi. E ai giovani è dedicata la Marcia Francescana che si svolgerà dal 25 luglio al 4 agosto da Livorno ad Assisi.
Questo è anche il periodo di diverse feste patronali a livello diocesano in Italia. Domani a Catanzaro la festa del Patrono San Vitaliano mentre a Palermo, in questi giorni, si celebra la festa dedicata a Santa Rosalia e che ha visto, ieri 14 luglio, l’arcivescovo, mons. Corrado Lorefice accogliere, presso il Palazzo Arcivescovile di Palermo, i rappresentanti di tutte le confessioni religiose, le autorità civili e consolari, per un incontro di fraterna amicizia tra cattolici, musulmani, ebrei, ortodossi, evangelici, anglicani e indù. Sempre a Palermo ieri il 90mo anniversario dell’inaugurazione del Museo Diocesano avvenuta il 14 luglio 1927. Il Museo palermitano è infatti uno dei primi musei diocesani aperti in Italia e fu voluto dal card. Alessandro Lualdi, Arcivescovo di Palermo dal 1904 al 1927. E proprio il Museo ospita un ala dedicata a Santa Rosalia con un ricco gruppo di pitture che vanno dal XIII al XVIII secolo, tra cui l’antica tavola pubblicata nel 1927 e il ritratto ufficiale dipinto da Vincenzo La Barbera del 1624.
Vacanze: mons. Regattieri (Cesena-Sarsina), “alzare lo sguardo verso il Creatore per elevare il canto di lode”
“L’ambiente che vi ospita per qualche giorno è bello e accogliente. Mentre vi ringraziamo d’averlo scelto per trascorrervi un po’ del vostro tempo, vi invitiamo a conservarlo e a mantenerlo bello e pulito”. Lo chiede mons. Douglas Regattieri, vescovo di Cesena-Sarsina, nel suo messaggio a turisti e vacanzieri, dando loro il benvenuto nel territorio diocesano “per un tempo di riposo e di svago”. “Vorremmo con voi – l’auspicio – dalle creature alzare lo sguardo verso il Creatore e con san Francesco elevare il canto di lode: Laudato si’, Signore, per il mare, le spiagge e il sole. Laudato si’, Signore, per i monti, i boschi e le sorgenti. Laudato si’, Signore , per le città, le chiese, le piazze e i monumenti d’arte. Laudato si’, Signore, per l’ospitalità della Romagna, con la cordialità dei suoi cittadini e la bontà dei suoi cibi. Laudato si’, Signore, ‘per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba’”. La comunità cristiana, ricorda il vescovo, “è lieta di accogliervi. Attraverso il ministero dei presbiteri, dei diaconi e dei religiosi, nelle nostre parrocchie, nelle chiese e nelle istituzioni religiose disseminate sul territorio, troverete disponibilità per la celebrazione dell’Eucaristia e del sacramento della Riconciliazione, per un colloquio e un confronto spirituale”.
SIR
Concessione gratuita di masserie, ville e castelli agli under 40: c’è la data del bando
Annunciata la data di pubblicazione del primo bando nazionale che, per la prima volta, assegnerà in concessione gratuita 46 beni pubblici ad imprese, cooperative e associazioni composte in prevalenza da under 40. La Puglia è la Regione che ha suscitato più interesse.
Sono quasi 25.000 tra cittadini, giovani imprenditori, viaggiatori lenti, membri di associazioni del terzo settore i partecipanti alla consultazione pubblica che hanno contribuito con idee, proposte e suggerimenti all’iniziativa “Cammini e Percorsi”, il nuovo progetto a rete dell’Agenzia del Demanio che nell’ambito del Piano Strategico del Turismo 2017–2022 punta alla riqualificazione e riuso di 103 immobili pubblici situati lungo percorsi ciclopedonali e itinerari storico-religiosi.
Cos’è Cammini e Percorsi. E’ il nuovo progetto a rete dell’Agenzia del Demanio, promosso da MIBACT e MIT che punta alla riqualificazione e riuso di immobili pubblici situati lungo percorsi ciclopedonali e itinerari storico-religiosi. Obiettivo del progetto è riutilizzare gli immobili pubblici come contenitori di servizi e di esperienze autentiche per camminatori, pellegrini e ciclisti, in linea con la filosofia dello slow travel. I destinatari del progetto sono tutti gli operatori che possano sviluppare un progetto turistico dall’elevato potenziale per i territori, in una logica di partenariato pubblico-privato, a beneficio di tutta la collettività. I beni saranno proposti sul mercato con procedura ad evidenza pubblica, mediante concessione gratuita (9 anni rinnovabili per altri 9) ad imprese e associazioni con soci under 40 e concessione di valorizzazione fino a 50 anni.
Ora è stata annunciata anche la data di pubblicazione del bando: il bando sarà online dal prossimo 24 luglio.
La consultazione pubblica si è chiusa il 26 giugno e l’analisi dei suoi risultati, presentata lunedì 17 luglio nella sede milanese del Touring Club, permetterà di utilizzare le idee e gli spunti arrivati per completare il quadro di riferimento del progetto in vista del primo bando nazionale che, per la prima volta, assegnerà in concessione gratuita 46 beni pubblici ad imprese, cooperative e associazioni composte in prevalenza da under 40.
La straordinaria partecipazione al questionario, 18.634 da utenti italiani e 5.998 da utenti stranieri, assicura una solidità nelle riflessioni finali che serviranno in queste ore a chiudere il testo del bando predisposto per le concessioni gratuite per 9 anni degli edifici, a cui seguiranno in autunno i bandi per le concessioni di valorizzazione fino a 50 anni degli immobili di maggior pregio del portafoglio Cammini e Percorsi.
I risultati della consultazione sono stati presentati dall’Agenzia del Demanio e Touring Club alla presenza del Direttore Generale Turismo del Mibact, Francesco Palumbo, del Capo della Segreteria Tecnica del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Battini, e di tutti i partner dell’iniziativa, il Direttore Strategie Immobiliari e Innovazione dell’Agenzia, Stefano Mantella, e il Direttore Generale del TCI, Lamberto Mancini.
Dall’analisi dei risultati della consultazione, gestita dal Touring Club Italiano che per 7 settimane è stata aperta ai suggerimenti di cittadini e imprese, ha fatto emergere una grande ricchezza di dati significativi e curiosità.
Tra tutti il target dei partecipanti che per il 78% ha meno di 40 anni e si dimostra entusiasta delle opportunità offerta dall’iniziativa. Dalle compilazioni si evidenzia la piena condivisione dell’obiettivo di recupero e valorizzazione degli immobili in disuso, creando nuove forme di accoglienza e un’offerta turistica partecipata e condivisa dalle comunità locali.
È inoltre emersa una notevole attrazione esercitata dal tema del turismo lento e della mobilità dolce, rafforzata anche da un diffuso interesse a partecipare ai bandi di gara pur non avendo molta esperienza nel settore turistico.
Il numero più alto di partecipanti alla consultazione pubblica risiede in Lombardia (2966 utenti), Lazio (2754 utenti) e Puglia (1927 utenti). Segue la Campania (1313), il Veneto (1279), l’Emilia Romagna (1148) e la Toscana (1000).
Tra gli ambiti di maggiore interesse riguardo all’eventuale idea di servizio da offrire lungo i tracciati scelti spiccano l’Ospitalità e la Ristorazione. Seguono i Servizi di informazione e accoglienza per la scoperta del territorio e la Vendita prodotti alimentari tipici e/o dell’artigianato locale.
Nella top ten dei beni che hanno riscosso più successo tra gli utenti del questionario svetta un piccolo fabbricato rustico in provincia di Lucca, seguito al secondo posto dal Castello di Blera, vicino a Viterbo, che nelle ultime settimane ha tanto attirato la stampa straniera. Terzo posto per un vecchio Molino vicino a Pavia che precede di poco la Masseria Cocola di Ugento (LE). L’interesse sugli edifici pubblici è stato comunque complessivo e tutti i 103 beni hanno suscitato apprezzamenti.
La Regione che ha riscosso il maggior numero di interesseè la Puglia (7687) che con i suoi 15 beni ( il maggior numero di beni per regione) si colloca come il territorio preferito in cui gli utenti vorrebbero sviluppare la propria idea progettuale, a prescindere dalla regione di appartenenza dell’utente. Seguono, ma molto distanziati, Lazio e Veneto. In coda, per vari motivi anche evidenti come il numero dei beni, Friuli-Venezia Giulia e Molise.
In sintesi emergono:
– una maggioranza di preferenze per le costruzioni tipiche locali, concetto un trasversale;
– numero e il tipo di beni porta a concentrare le preferenza in Puglia, Lazio e Veneto;
– Lombardia, Lazio e Puglia sono le regioni più attive lato utenti;
– l’importanza dell’interconnessione del prodotto Camini e Percorsi sia con le infrastrutture coerenti (esempio ferrovie), sia su scala locale con itinerari, greenways e altre occasioni di fruizione diffusa del territorio.
Con la pubblicazione del primo bando comincerà un percorso che, nei prossimi anni, restituirà molti immobili abbandonati a luoghi italiani lontani dalle grandi città ma carichi di suggestione, immersi in itinerari di pace e bellezze naturali, promuovendo lo sviluppo di nuove forme di turismo più consapevole. La grande partecipazione dei cittadini e l’enorme riscontro sui media di Cammini e Percorsi confermano la strategicità di un progetto con cui l’Agenzia del Demanio si propone di coinvolgere tutti, soprattutto le nuove generazioni, nella tutela e nel recupero del patrimonio pubblico attraverso una gestione attenta e responsabile di questa iniziativa perché possa essere una leva concreta di sviluppo e di nuove opportunità.
In Puglia sono coinvolti 15 immobili: 5 sono situati lungo la Ciclovia Acqua, 8 sono lungo la via Francigena, e 2 lungo la Via Appia.
FONTE: ILRESTODELGARGANO
“CONCERTI D’ESTATE” a Domodossola Sacro Monte Calvario
La “Gran Partita” KV 361
con la Camerata Strumentale di S. Quirico
diretta da Alessandro
Maria Carnelli
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Serenata nr. 10 in si bemolle maggiore KV 361 (KV 370a) "Gran Partita"
Ambra Cozzi e
Antonio Palumbo
oboi
Stefano Palli e Simone Margaroli
clarinetti
Francesco Paradiso e Gabriele Oglina
corni di
bassetto
Davide Citera, Francesca Mosca, Luca Dosio e Elisa Giovangrandi
corni
Luca Barchi e
Mario Garavelli
fagotti
Carlo Calegari
contrabbasso
Alessandro
Maria Carnelli
direttore
ALESSANDRO MARIA CARNELLI ha tenuto concerti al
Musikverein di Vienna, alla Sala Verdi e al Teatro Dal Verme di Milano, ha
diretto l'ensemble del Teatro Regio di Torino (Histoire du soldat di
Stravinsky), la prima esecuzione dell'edizione critica de L'ammalato
immaginario di Vinci e una doppia produzione in Italia e Svizzera (scenica e in
forma di balletto) de Il combattimento di Tancredi e Clorinda. Il Concerto per
violoncello di Schumann da lui diretto (solista Luca Franzetti) è stato più
volte trasmesso da Sky Classica. Ha dedicato un ampio progetto a Verklärte
Nacht di Schönberg comprendente la pubblicazione di una monografia e la
realizzazione di un cd registrato durante un ciclo di concerti con l'Orchestra
da Camera di Mantova. Libro e cd sono stati accolti entusiasticamente dalla
critica. Nella stagione in corso prosegue la collaborazione con l'Orchestra da
Camera di Mantova con altri concerti e una nuova registrazione di un cd, ed è
iniziato un nuovo progetto sul Pierrot lunaire di Schönberg. Alessandro Maria
Carnelli ha studiato direzione d'orchestra dal 2000 al 2004 al Wiener
Musikseminar di Vienna con Erwin Acèl, perfezionandosi in seguito in numerosi
corsi e masterclass tra cui a San Pietroburgo, Firenze e alla masterclass
estiva del Royal College of Music di Londra (Assisi 2010); nel 1999 ha ottenuto
la borsa di studio della Fondazione Wagner del Festival di Bayreuth. La sua
formazione comprende anche il diploma di pianoforte, la laurea in musicologia e
studi di composizione e organo barocco. È autore delle monografie su
Musorgskij, Čajkovskij, Schönberg e Šostakovič pubblicate da Il corriere della
sera, e di Il labirinto e l'intrico dei viottoli, la prima monografia su
Verklärte Nacht di Schönberg.
La CAMERATA
STRUMENTALE di S. QUIRICO è sorta nel 1989, dalla collaborazione tra la
Corale di Calice di Domodossola con alcuni musicisti facenti parte di
prestigiose istituzioni musicali sia italiane sia straniere, con lo scopo di
affiancare il coro nell’esecuzione di partiture del periodo barocco e classico
per soli, coro e orchestra. Unitamente alla Schola Gregoriana del Sacro Monte
Calvario ed al Convivio Rinascimentale, con la Corale di Calice e l’Orchestra
da Camera, da’ vita alla CAPPELLA
MUSICALE del S. MONTE CALVARIO coinvolgendo un
ampio organico di musicisti articolato in diverse formazioni. Tra le più
importanti proposte, sono da ricordare l’esecuzione delle Cantate BWV 8, 55,
57, 84, 113, 133, 151 e 153 e la prima Cantata dall'Oratorio di Natale BWV 248
di J. S. Bach, la ricostruzione della celebrazione solenne dei Vespri di
Natale, secondo la forma settecentesca del rito di S. Pio V, il Te Deum in re
maggiore di M-A. Charpentier, la prima esecuzione moderna dell’opera in tre
atti La Dafne, di A. Caldara, Le Sette Parole del Signore in Croce op. 102 di
R. Grisoni, il Gloria, Beatus Vir, Magnificat e diverse composizioni da camera
di A. Vivaldi, i Vespri Solenni KV 339 e il Requiem KV 626 di W. A. Mozart, il
Requiem op. 48 di G. Faure e il Te Deum di G. Castellazzi, scritto per
l’inaugurazione del Traforo del Sempione. Il Venerdì Santo 2003 ha proposto, in
prima assoluta, l’esecuzione delle Sette Parole del Signore in Croce, e nel
2014 la Missa Jubilaris, per i quarant’anni di fondazione della Corale di
Calice, appositamente commissionate al compositore ossolano R. Olzer, ottenendo
unanimi e importanti consensi di pubblico e di critica. La Cappella Musicale ha
inoltre nel suo repertorio musiche di H. Schütz, J. C. Bach, F. Schubert, F. J.
Haydn J. G. Rheinberger.
L’attività
concertistica della Cappella Musicale del Sacro Monte Calvario è sostenuta
dall’Istituto della Carità – PP. Rosminiani, dalla Riserva Naturale Speciale
Regionale del S. Monte Calvario, dall’Assessorato alla Cultura della Città di
Domodossola, con la Fondazione CRT.
fonte: comunicato stampa
Questa
composizione si discosta dal tono galante, prevede ben tredici strumenti
(dodici a fiato ed il contrabbasso) ed è la più ampia e complessa delle opere
composte da Mozart nell'ambito di questo tipo di composizioni. La presenza del
contrabbasso ha lo scopo di rendere piena e corposa la linea del basso ed è
quindi errato riferirsi all'opera come serenata per tredici strumenti a
fiato. La partitura originale non prevedeva infatti la sostituzione del contrabbasso
con il controfagotto. Anche la denominazione di Gran
partita, presente nel manoscritto, non sembra sia stata voluta da Mozart.
La datazione certa della scrittura dell'opera riveste una importanza maggiore
in quanto permetterebbe di sistemare alcuni particolari della biografia dello
stesso Mozart nonché potrebbe meglio farci comprendere la sua evoluzione
artistica. La data presente nell'autografo, il 1780, non gli è attribuibile,
quindi non è sicura; le fonti certe di una sua esecuzione sono posteriori di
ben quattro anni e ci portano a Vienna nel 1784 quando fu eseguita dalla Harmonie
della corte imperiale. La versione di Georg Nikolaus von Nissen, più romantica,
vede la serenata quale dono di Mozart a Costanze in occasione del suo
matrimonio. In ogni caso ci troviamo di fronte ad un'opera preziosa di grande
complessità che travalica il genere nella quale essa rientra. Le serenate erano
per lo più eseguite all'aperto in momenti in cui il grado di attenzione era
limitato e i compositori tendevano quindi a dare spazio a melodie facili, e
l'orchestrazione che ne scaturiva ne era la logica conseguenza.
L'impianto è
quello classico della serenata. Un primo movimento, un largo,
apre un'ampia introduzione lenta, quasi sinfonica, che verrà utilizzata poche
altre volte dal musicista. L'allegro molto che segue è costituito da un
solo tema che si sviluppa nella capacità di dialogo tra i vari strumenti. In
seguito abbiamo due minuetti con trii che evocano melodie popolari. Tra
i due minuetti è racchiuso il celebre adagio, che rappresenta il punto
più alto della composizione sia per la ricercatezza del suono sia per la novità
strutturale: una sola coppia di corni sostiene e accompagna ora l'oboe, ora il clarinetto
e ora il fagotto.
Una romanza
anticipa il tema con variazioni in cui il compositore aggrega di volta
in volta diversi timbri strumentali. Il finale, un molto allegro è un
brano di grande colore, quasi una marcia, dove viene fuori lo spirito gioviale
del compositore trattenuto da un uso misurato del volume degli strumenti. Ma la
vastità dell'organico e il grado di assimilazione dei vari strumenti permettono
al compositore di farli dialogare, di contrapporli, di compenetrarli in un modo
mai prima raggiunto.
Nel film del 1984 Amadeus,
il personaggio di Antonio Salieri descrive il terzo movimento
Adagio con battute rimaste celebri: « Sulla
pagina sembrava… niente! Un inizio semplice, quasi comico: appena un palpito,
con fagotti, corni di bassetto, come lo schiudersi di un vecchio cofano. Dopo
di che, a un tratto, ecco emergere… un oboe! Una sola nota sospesa immobile,
finché un clarinetto ne prende il posto, addolcendola con una frase di una tale
delizia! Quella non era la composizione di una scimmia ammaestrata. No, era una
musica che non avevo mai udito, espressione di tali desideri, di tali
irrefrenabili desideri. Mi sembrava di ascoltare la voce di Dio.»
Al Sacro Monte Calvario arriva ‘Il mistero della luce’, escursione serale con workshop fotografico
DoMODOSSOLA- 13-07-2017- Giovedì 10 agosto a Domodossola avrà luogo ‘Il mistero della luce’, un’escursione con workshop fotografico alla scoperta dell’affascinante atmosfera notturna del Sacro Monte Calvario.
L’incontro inizierà alle 20:30 e si concluderà intorno alle 22.45.
In concomitanza con l'illuminazione serale e con il fascino del calar della sera, si vivrà un’esperienza unica nel suo genere.
Grazie ai preziosi consigli del fotografo Roberto Bianchetti, si impareranno le tecniche e le sensibilità percettive per immortalare al meglio la bellezza e le articolate sfumature emozionali che suscita questo complesso monumentale, patrimonio UNESCO.
L’evento è realizzato in collaborazione con l’Ente di gestione dei Sacri Monti e grazie alla disponibilità del Mons. Mancinelli.
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